venerdì 23 luglio 2010

“Sciogliere le Catene”

Un estratto dal secondo libro di Steven Hassan “Sciogliere le catene: verso l’acquisizione di un pensiero autonomo” (FOM Press, 2000).

Capitolo 7

Comprendere le credenze e le tattiche dei gruppi distruttivi

DISTINGUERE L’INFORMAZIONE DALLA DISINFORMAZIONE

Per scoprire la verità, si deve poter distinguere tra l’informazione attendibile e la disinformazione fuorviante. Questa capacità è di particolare importanza quando si cercano informazioni sui gruppi distruttivi, perché uno dei modi in cui un gruppo si difende è proprio la diffusione di menzogne e la riduzione del confine tra realtà e finzione. Fino alla fine degli anni ’70, la questione del controllo mentale si intrecciava, agli occhi del pubblico, con l’argomento della deprogrammazione forzata. Ciò era in parte dovuto ad una campagna mediatica costosissima, finanziata dai principali gruppi distruttivi, nel tentativo di spiazzare i critici e distogliere il dibattito dai gruppi stessi. Questo dipendeva anche dal fatto che i deprogrammatori agivano, in molti casi, come giustizieri “fai da te”. Nella campagna propagandistica, i gruppi hanno etichettato la deprogrammazione come “la più grande minaccia alla libertà religiosa”. Nelle conferenze, nel materiale di diffusione – opuscoli e volantini – e nei siti web relativi ai gruppi, i deprogrammatori vengono dipinti come avidi malfattori che legano le loro vittime alla sedia, malmenandole e usando ogni tipo di violenza, fino a che queste non rinneghino le loro credenze religiose.

La Rete d’Informazione sui Gruppi distruttivi passa di mano

La Rete d’Informazione sui Gruppi distruttivi (la sigla in Inglese è CAN), la più grande organizzazione di base per le famiglie che hanno un loro caro coinvolto nei gruppi, fu da questi falsamente dipinta come un manipolo di fascisti che volevano privare le persone del diritto alla libertà religiosa. Nel 1994 , CAN perse una delle tante cause per molestie intentate dai membri dei gruppi in tutto il Paese, e la condanna dei giudici ad un risarcimento di 1875 milioni di dollari costrinse l’organizzazione a ricorrere al tribunale fallimentare. Di conseguenza, il nome CAN, il numero di casella postale, il numero telefonico di pronto intervento, e il “marchio” vennero venduti all’asta, per 20000 dollari, a Steven Hayes, membro della Chiesa di Scientology. CAN è ora parte del problema. Il lupo indossa i vestiti della nonna. Se si telefona al numero della CAN oggi, molto probabilmente risponderà un membro del gruppo distruttivo, anche se costui non rivelerà la sua affiliazione. Qualunque informazione fornita dai familiari potrebbe essere usata contro di loro nei loro sforzi di liberare il loro caro. Il sito web della CAN (cultawarenessnetwork.org) dice di essere stato attivato dalla Fondazione per la Libertà Religiosa e nega l’esistenza del controllo mentale. Il sito CAN offre un ambiguo coacervo di verità, mezze verità e menzogne, tentando altresì di affermare l’equazione “anti-gruppo = anti-religioso”. Quando un appartenente ad un gruppo visita il sito della CAN, le fobie nei confronti dei deprogrammatori, instillate dal gruppo stesso, ne escono rafforzate.

Ci sono molti altri siti web creati per rafforzare l’opera dei gruppi distruttivi, tesa a reclutare e indottrinare persone dappertutto.

Una delle tattiche di disinformazione più comuni usate dai gruppi distruttivi è il falso ragionamento noto come “il fantoccio di paglia”, in cui una persona indebolisce la posizione del suo avversario travisandone le argomentazioni e attaccando un indifendibile “fantoccio di paglia”, anziché puntare sulle questioni reali. Per esempio, i gruppi distruttivi spesso creano una falsa immagine del controllo mentale come forza misteriosa che può sopraffare chiunque in qualunque situazione. Ovviamente, questo fantoccio di paglia “tutto o niente” è più facile da abbattere rispetto alle fondate ed efficaci posizioni assunte da professionisti ben documentati ed esperti: se il controllo mentale non è mai assoluto, può tuttavia avere conseguenze devastanti.

Io metto in discussione le ragioni di qualunque individuo o gruppo che assuma la posizione estrema secondo cui in nessun caso le persone possono essere indotte, attraverso la manipolazione, ad adottare nuove credenze. A chi giova l’idea che il controllo mentale sia poco vincolante? Se il controllo mentale non è altro che un trucco, perché Philip Zimbardo, docente ed ex Presidente dell’Associazione Psicologi, tiene un corso intitolato “La Psicologia del Controllo Mentale” presso l’Università di Stanford?

I propagandisti dei gruppi distruttivi amano tentare di convincere i loro membri del fatto che il controllo mentale non è riconosciuto dai professionisti della salute mentale. Una semplice obiezione è quella di citare il DSM – IV, il manuale diagnostico dell’Associazione Psichiatrica Americana, che menziona espressamente i gruppi distruttivi e il lavaggio del cervello in 300.15, Disturbo Dissociativo NOS. Ovviamente, si possono anche citare le recensioni favorevoli del libro “Combattere il Controllo Mentale dei Gruppi Distruttivi” in The Lancet e in The American Journal of Psychiatry, del 1990.

Un’altra tattica cara agli addetti alle pubbliche relazioni per i gruppi distruttivi è quella di citare in maniera distorta le decisioni legali che coinvolgono i gruppi stessi. Quando parlate con i vostri cari, chiedete loro il caso, la citazione e, meglio ancora, la sentenza ufficiale. Quando si tratta di decisioni legali, è meglio chiedere ad un avvocato che abbia familiarità con il contenzioso relativo ai gruppi distruttivi di aiutarvi ad acquisire i documenti, per poterli mostrare e spiegare al seguace.

Difensori dei gruppi distruttivi

Oltre che dalla propaganda per il gruppo, la disinformazione viene diffusa dai membri stessi dei gruppi, così come dai difensori di questi ultimi, che usano la libertà religiosa come giustificazione per l’esistenza dei gruppi con controllo mentale.

Alcuni ricercatori di alto profilo hanno accettato denaro o altri vantaggi dai gruppi che essi stavano studiando. Per esempio, il Washington Post ha riportato che Aum Shinrikyo ha offerto il pagamento del viaggio in aereo, dell’alloggio e di altre spese essenziali, a quattro americani che erano venuti a difendere il gruppo quando la polizia giapponese aveva cominciato ad indagare su un attentato con uso di gas velenosi nella metropolitana di Tokyo, nel 1994.

Uno di questi americani era J. Gordon Melton che scrive libri e articoli sulle nuove religioni e che ha alle spalle una storia di difensore dei gruppi controversi, come il Jim Jones’ People’s Temple.

Quando, nel 1988, gli fu chiesto di pronunciarsi sul gruppo di Jim Jones, Melton disse: “Non si tratta di un gruppo distruttivo. E’ un gruppo cristiano rispettabile, allineato”. Melton compare anche nell’elenco online dei Referenti professionisti, curato dalla Rete d’Informazione sui Gruppi Distruttivi. In un recente numero di Nova Religio, Benjamin Zablocki, docente presso la Rutgers University (New Jersey, N.d.T.) e studioso trentennale dei gruppi distruttivi, ha spiegato come il finanziamento di questi ultimi spesso crei faziosità negli studi sui gruppi controversi.

I difensori dei gruppi confondono il pubblico promuovendo una visione primitiva, meccanica, del controllo mentale. Essi diffondono anche un’immagine poco fedele dei punti di vista sia di coloro che criticano i gruppi, sia degli ex seguaci. Un’argomentazione diffusa tra i difensori dei gruppi è che la testimonianza degli ex membri, o apostati, non dovrebbe essere considerata attendibile, perché queste persone possono essere state condizionate, nel giudizio, dal fatto che sono uscite dal gruppo. Secondo Melton, gli ex membri ostili invariabilmente deformano la verità. Essi alterano le proporzioni dei fatti irrilevanti e trasformano questi ultimi in eventi di grave portata. Paradossalmente, i difensori dei gruppi sembrano ignorare la possibilità che le testimonianze dei seguaci e dei leader siano di parte.

Quando il libro “Combattere il Controllo Mentale dei Gruppi distruttivi” fu pubblicato per la prima volta nel 1988, io divenni uno dei bersagli più evidenti delle campagne di disinformazione sull’argomento. Vi sono leader dei gruppi che indottrinano i loro seguaci inducendoli a considerare pericoloso parlare con me e perfino leggere il mio libro. Scientology ha un “Dossier Agent Deading” che mi riguarda. Questa cartellina contiene materiale mirante ad “uccidere” la mia immagine di persona rispettabile. Innumerevoli volte sono stato minacciato di denuncia e ho perfino ricevuto minacce di morte dai membri dei gruppi. Svariati tra questi, come i Moonies, dicono ai loro seguaci che io sono un agente di Satana. Specifiche fobie sul mio conto sono state impiantate nelle menti dei seguaci. Gli adepti vengono indottrinati ed indotti a credere che Steven Hassan sia un deprogrammatore che appoggia e frequenta persone che rapiscono, malmenano e torturano i seguaci delle nuove religioni finché questi non abiurino la loro fede in Dio. I siti web dei gruppi mi dipingono come un malvagio fazioso anti-religioso che mira a distruggere la libertà di culto.

Quando un membro di un gruppo rivolge una tale accusa a chiunque critichi il gruppo stesso, io consiglio alla famiglia di chiedere conferme: “Dacci le prove. I tuoi leader hanno circostanziato le accuse con nomi, date e luoghi? Le accuse sono state catalogate e conservate?” I leader del gruppo non vogliono che le loro accuse siano vagliate o messe in discussione. I familiari e gli amici dovrebbero chiedere di parlare con gli individui che hanno scritto dichiarazioni ufficiali negative. Si possono porre domande, e i fatti si possono comunicare. La fobia della deprogrammazione può essere smontata pezzo per pezzo, portando alla luce le menzogne e l’inganno. Questa è una strategia essenziale ed efficace per favorire la prova dei fatti.

Un padre: “Sto consultando il sito web del gruppo, e vi sono pagine che criticano il dr. Robert Lifton, il dr. Louis West e la dott.ssa Margaret Singer. Di che cosa si tratta? Come possiamo stabilire se questa informazione è dannosa o utile?”

Quando valutate qualunque informazione, chiedetevi:

v Qual è la fonte della critica?

v Come viene finanziata?

v Chi, esattamente, sta rivolgendo le accuse?

v Quali sono le credenziali verificabili di questa persona?

v Qual è la sua posizione nella comunità accademica e scientifica?

v Quale formazione ha? Quale esperienza? Quale reputazione?

v Che cosa ha pubblicato questa persona?

v Avete letto la sua produzione?

v Riuscite a capire ciò che lui / lei dice?

v Quando gli / le ponete domande, risponde onestamente e responsabilmente?

Da molti anni conosco il dr. Lifton, il dr. West, ormai defunto, e la dott.ssa Singer. Se da una parte non condivido tutto ciò che hanno scritto o fatto, nutro grande rispetto per i loro contributi positivi - e sono stati considerevoli - per l’umanità.

Essi erano tutti ufficiali dei servizi segreti militari degli Stati Uniti : avevano studiato il lavaggio del cervello, nella sua versione cinese, negli anni ’50 e tutti hanno avuto il coraggio necessario per attestare pubblicamente che un tale fenomeno esisteva. Leggete per conto vostro l’informazione e la disinformazione su questi individui. Formatevi un’opinione vostra. Noi americani tendiamo a non capire che i nostri diritti costituzionali non significano nulla se non siamo disposti a farci valere e ad affermarli con vigore. I gruppi distruttivi spingono molti di noi ad agire perché hanno rivelato la tendenza a privare le persone dei loro diritti. Parlando a titolo personale, io mi rifiuto di rinunciare ai miei diritti. Le storie di abuso, tradimento, molestie, intimidazione, paura, disgregazione familiare, abbandono dei figli, rovina finanziaria, devastazione personale ed emotiva che ho sentito da così tanti ex seguaci nel corso degli anni mi spingono a lottare, dandomene la forza. Credo che una delle strategie più efficaci per contrastare la disinformazione e la calunnia sia quella di aiutare gli ex membri a raccontare la loro storia, ed incoraggio gli ex seguaci che leggono questo libro a fare ciò per il loro bene e per il bene degli altri. Consiglio anche, a quanti hanno una persona cara in un gruppo distruttivo, di impegnarsi a scovare ex seguaci che abbiano storie da raccontare.

Credo ad ogni storia di un ex seguace senza sottoporla a verifica? No, certamente no. E’ possibile che alcuni ex membri esagerino le loro storie? Certamente. Credere che tutti gli ex seguaci siano credibili o che nessuno di loro lo sia sono entrambe posizioni troppo estreme. Io cerco di valutare la storia di ciascuno ed ottenere una verifica. Naturalmente, quando ci sono molte persone che raccontano esperienze simili relative ad un particolare gruppo, l'informazione di solito si rivela credibile. La maggior parte degli ex seguaci fanno sentire la loro voce con grande rischio personale e con poco o nulla da guadagnare, se non gli effetti terapeutici del farsi avanti per denunciare un’ingiustizia, e forse per aiutare gli altri.

Gli ex membri del gruppo e i loro amici e familiari sono dei sopravvissuti, e la loro testimonianza è la prova lampante che una persona può uscire da un gruppo distruttivo e continuare a condurre una vita serena e produttiva.

Sentire le loro parole solidali e incoraggianti può contribuire ad indicare ad un seguace confuso e insoddisfatto la strada per trasformarsi in un ex seguace più sicuro e contento. Esibendo l’altra faccia della medaglia, gli ex membri dimostrano al vostro caro che uscirne è una scelta possibile. Una volta che ciò appaia un’alternativa realmente percorribile, è generalmente solo una questione di tempo e la persona deciderà di lasciare il gruppo.

Traduzione di Lidia De Stefanis

lunedì 12 luglio 2010

Con la promessa di guarire l´anima truffano e commettono reati sessuali L´Italia delle psicosette i manipolatori della mente

16/05/2008 08:11

di SANDRO DE RICCARDIS

Sequestrano la mente e la tengono in ostaggio. Promettono di salvare da dolori e malattie, di liberare da traumi e fallimenti del passato, ma intanto svuotano la testa e la riempiono di illusioni, di certezze granitiche che allontanano da ogni cosa che sa di passato verso un mondo parallelo. Il boom delle psicosette attraversa da nord a sud tutto il Paese, con i manipolatori della psiche che si nascondono dietro aziende di formazione e gruppi motivazionali, associazioni culturali e centri yoga, gruppi universitari e movimenti spirituali.
Al Cesap, il Centro studi abusi psicologici, arrivano 400 richieste d´aiuto l´anno, mille al telefono anti-sette della comunità Giovanni XXIII: è un frammento delle migliaia di persone che il Gris, il Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa, stima (per difetto) vittime di oltre 200 realtà in Italia. Un mostro che sbriciola la mente e annulla le coscienze rimasto nascosto fino a pochi mesi fa, quando la procura di Bari, con l´inchiesta del pm Francesco Bretone, ha squarciato il velo sul mondo artificiale di Arkeon. Quindicimila adepti in tutta Italia, 50 maestri, decine di vittime, migliaia di euro raccolti con seminari e convegni. Al vertice della piramide c´era Vito Carlo Moccia, 55 anni, maestro e guida della psicosetta che si ispirava al Reiki, una filosofia orientale. Lui e altri cinque collaboratori - tra poche settimane, la chiusura delle indagini - sono accusati di truffa, esercizio abusivo della professione di psicologo e medico, violenza e maltrattamenti su minori; uno dei maestri anche di violenza sessuale. «L´ipotesi è che ci sia chi ha pagato fino a 15mila euro per avere un figlio con le sedute dal guru o per poter guarire da un tumore», spiega Tania Rizzo, legale del Codacons Lecce - da cui sono partite le prime denunce - e del Cesap.
I racconti delle vittime sono un vero e proprio museo degli orrori. C´era il «no limits»: il maestro che chiede agli adepti, tutti bendati, di relazionarsi liberamente tra loro con mani, bocca e corpo, arrivando ad avere rapporti sessuali davvero senza limiti, visto che vi hanno partecipato anche minori, sieropositivi, donne non consenzienti. C´era il «giro del mondo»: tutti in piedi uno di fronte all´altro, mano nella mano, musica new-age e la voce suadente del maestro che ordina a persone tra loro sconosciute di confessare «un segreto mai detto prima». C´era «lo scambio dei trattamenti»: aria intrisa di salvia divinorum, potente allucinogeno, uomini e donne in cerchio mentre un adepto si alza e con pianti e urla, anche alla presenza di figli di 11 anni, confessa un presunto abuso sessuale subito nell´infanzia. C´era il «The business of you»: andare in giro per strada e chiedere l´elemosina.
«Rispetto alle classiche sette religiose - spiega Lorita Tinelli, psicologa e presidente del Cesap - le psicosette si presentano oggi come formatori che agiscono sulla mente, pretendendo di ampliare i limiti umani e scavare nella psiche attraverso l´analisi del passato individuale». Da nord a sud, le caratteristiche dei gruppi si assomigliano: leader carismatici senza titoli accademici validi - Moccia vanta una laurea in psicologia all´Università statale di Fiume - organizzazione a piramide, in un multilevel che porta sempre più soldi e aderenti; la promessa di capacità magiche di guarigione; il love bombing, il «bombardamento affettivo» per creare legami immediati. E soprattutto: meccanismi di condizionamento della psiche durante seminari isolati dal mondo. Così succede a Padova, in un gruppo che opera nel campo della formazione di professionisti, manager, imprenditori, semplici stagisti, e che organizza full-immersion di cinque giorni. Chi partecipa ai seminari - in hotel, a tremila euro a corso - deve lasciare fuori tutto ciò che lega alla realtà - chiavi, documenti, medicine, telefoni, orologi, sigarette - poi entra «nel percorso di consapevolezza per liberarsi dai propri peccati». Con evidente somiglianza con i riti di Arkeon, si confessano tradimenti, rapporti omosessuali, traumi infantili, dolori, parentele che «hanno inquinato l´anima e da cui bisogna purificarsi». Le giornate sono scandite da lunghi intervalli tra i pasti e poco sonno: fame, sete e stanchezza alterano i ritmi cardiaci e favoriscono l´incoscienza, rendendo l´organismo più permeabile alle suggestioni. «Per abbattere l´Io». E mentre pesanti tende alle finestre fanno perdere il senso del tempo, i leader offendono i partecipanti, spesso li colpiscono a calci e pugni, li legano e bendano. Chi decide di abbandonare il corso, subisce la ritorsione in azienda, dal mobbing fino al licenziamento. Non a caso proprio in Veneto, una recente relazione dell´Ordine degli psicologi - dove l´ente si definisce «in prima linea contro gli sciacalli del dolore» - segnala: «A volte non si tratta di persone incapaci di intendere e volere ma di soggetti pienamente integrati e ai vertici nella società: imprenditori, dirigenti, professionisti». Modalità non molto differenti da quelle di un´altra azienda di formazione del personale di Milano, con sedi anche a Londra, Stati Uniti e Israele. Leader giovane, uso di ipnosi su manager e dipendenti, residenza in periferia dove vivono guida e adepti. O da un´altra che organizza corsi di motivazione su autostima e dinamiche mentali a duemila euro a corso, trampolino di lancio verso una struttura parallela aperta solo a chi fa almeno due seminari. Le "scuole occulte" - così le chiama chi c´è stato - sono a Milano, Bari, Catanzaro, Ancona, Salerno, Napoli, Palermo. Chi partecipa cede ogni mese un decimo del proprio stipendio, deve frequentare almeno un seminario l´anno, lo fa gratis se porta cinque nuovi iscritti. Gli adepti compilano questionari di autocoscienza, rispondono a domande spesso ridicole, tra fumi d´incensi, tappeti, esercizi di respirazioni, preghiere. Innescando un meccanismo di dipendenza eterna: molti sono dentro da 15 anni, donano il loro obolo mensile, abbandonano il lavoro per trasferirsi mesi nella sede centrale del gruppo, ad Assisi, pagando migliaia di euro.
«Multinazionali del profitto» le definisce don Aldo Buonaiuto, responsabile del servizio Antisette dell´associazione Giovanni XXIII. «Quello che fa paura - spiega - è che il distacco avviene drasticamente dalle famiglie. Poi le persone diventano irriconoscibili». Gli esposti che arrivano alle questure parlano di famiglie spaccate, ricoveri in cliniche psichiatriche, sparizioni, suicidi. Ogni storia finisce alla Squadra antisette (Sas) della Polizia di Stato, nata nel dicembre 2006. «Indaghiamo su ogni segnalazione - spiega Tiziana Terribile, dirigente della Divisione Analisi dello Sco, da cui dipende la Squadra antisette - . Il nostro compito è verificare se in queste realtà si commettono reati. Siamo vicini a tanti genitori, sappiamo cosa vuol dire perdere un figlio o vederlo allontanare, ma indagando ci troviamo spesso di fronte a un consenso valido espresso da chi entra nel gruppo». Per questo associazioni e parenti delle vittime chiedono che venga reintrodotto il reato di plagio, abrogato nel 1981, così come previsto da un progetto di legge fermo da novembre in commissione Giustizia alla Camera.
Nel frattempo all´Università di Bologna circa 20 giovani sono finiti nella rete di una scuola «gnostica». Ogni mese ognuno versa 50 euro per l´affitto della sede e altri 50 per pagare i 50 corsi obbligatori che portano alla «soppressione dell´ego». Il gruppo pratica «tecniche di manipolazione dei genitali senza emissione dello sperma per aumentare le capacità mentali» e arrivare alla «conoscenza attraverso viaggi astrali». Proprio un volantino sui viaggi astrali, distribuito davanti all´ateneo, è finito nelle mani dell´ultima vittima, un ragazzo di 23 anni che ha abbandonato studi e attività sportiva. Ora si friziona capo e ascelle con estratto di datura arborea, una pianta che crea uno stato permanente di intossicazione dell´organismo, si alimenta solo di verdure e carne biodinamizzata. I genitori hanno segnalato il caso alla Favis, l´Associazione familiari vittime delle sette, fondata da Maurizio Alessandrini, che dal 2003 non riesce a portar via il figlio da una santona veneta. A Rimini, un´altra psicosetta si nasconde dietro corsi yoga guidati da un «maestro spirituale», un uomo di 70 anni che ha ottenuto la fedeltà di circa 60 persone. Una realtà su doppio livello: sedute di spiritualità, preghiere, massaggi e tecniche di rilassamento in pubblico, un «livello privilegiato» in cui gli adepti abbandonano le famiglie e finiscono in strutture protette sulle colline di Rimini. Lì scompaiono per anni. «In questi casi si può parlare di schiavitù - dice Giuseppe Ferrari, segretario nazionale del Gris - . A volte è una scelta del singolo, altre volte frutto di tecniche di indottrinamento prolungate nel tempo». Il Gris ha raccolto le testimonianze dirette di quattro fuoriusciti, i loro racconti di «sedute tantriche» e «orge come riti di purificazione». Tra queste, quella di una ragazza entrata nel gruppo a 29 anni dopo la perdita del figlio, uscita per una grave malattia a 43, con la personalità stravolta e una casa da 200mila euro donata al maestro.

venerdì 9 luglio 2010

Domande da fare prima di aderire ad un gruppo



Impariamo ad essere dei bravi consumatori di 'beni spirituali'

In quanto membri del movimento contro le sette che monitora le attività in corso delle sette, rispetto alla popolazione media siamo maggiormente consapevoli dell’importanza di porsi delle domande su come operano tali gruppi. Noi sappiamo che un gruppo, una setta o una chiesa possono presentarsi come positivi, ma in realtà celare altri obiettivi.

Gli autori di questo articolo comprendono acutamente, in quanto fuorusciti da sette loro stessi, l’importanza di formare la persona, nella nostra società, ad essere non soltanto un’accorta ‘material consumers (consumatrice di beni materiali), ma anche un’attenta ‘spiritual consumers’ (consumatrice di beni spirituali).

Pensiamo un momento alla quantità di energie che spendiamo nel ponderare le scelte negli acquisti che facciamo.

Spendiamo parecchio tempo cercando dati sul più sicuro monovolume in vendita, sul miglior pacchetto di software di gestione spese, sul fondo bancario più flessibile su cu investire e sul miglior centro di salute a cui iscriversi.

Ma ingenuamente e fiduciosamente affievoliamo il nostro senso critico quando è il momento di decidere delle scelte spirituali della nostra vita. Siamo “material consumers” resi esperti dal nostro vivere in una cultura di tipo capitalista. In ogni caso, dovremmo pensarci anche in veste di “spiritual consumers” prima di impegnarci troppo intensamente in una nuova setta, per un guru o per una comunità spirituale.

Abbiamo compilato una lista di domande tratta dalla nostra esperienza di fuorusciti dalle sette, che noi chiamiamo la nostra “20/20 hindsight List” (letteralmente: lista di 20/20 impedimenti alla vista). Sono domande che noi stessi, riflettendoci a posteriori, avremmo voluto aver chiesto come “spiritual consumers” prima di farci coinvolgere dai leaders spirituali e dalle comunità che ci hanno coinvolto. Non abbiamo cercato risposte a queste domande perché non avevamo il buon senso di farlo. Non abbiamo realizzato che è importante porsi questo genere di domande. Parte del motivo di questa ignoranza è da riferirsi alla nostra cultura. Cosa allora dell’educazione ricevuta dalla società ci impedisce di chiedere spiegazioni alle “autorità spirituali”?

Persino nei giorni dell’Era dell’informazione noi ci rapportiamo alla società rispettando le tradizioni e l’autorità.

In generale né il nostro sistemo educativo né quello familiare ci hanno insegnato a mettere in discussione l’autorità riconosciuta come tale. Piuttosto ci si aspetta che ci adeguiamo, che accettiamo gli ordini e che obbediamo a chi detiene il potere. Quando l’autorità ha buoni intenti e si limita a fornire sani modelli educativi, allora il rispetto è positivo. Ma quando l’autorità diviene perversa e manipolane, noi non siamo preparati a riconoscerla, sottraendoci alle discussioni.

Se la nostra cultura non ci ha formati ad essere accorti “spiritual consumers”, come possiamo allora proteggerci dallo sfruttamento delle sette? Per cominciare non è saggio prendere decisioni di adesione ad un gruppo quando siamo depressi o in una fase di transizione. In questi momenti siamo soli, più suggestionabili e meno scettici. Può capitare di essere vulnerabili quando ci allontaniamo da casa per la prima volta o alla rottura di una relazione affettiva, per esempio.

Questa vulnerabilità trova le sue punte massime nelle persone giovani, tra i 18 e i 30 anni, che rappresentano il target favorito dei ‘reclutatori’ delle sette. Man mano, questi giovani adulti si costruiscono la propria identità e i propri ruoli. Successivamente lavorano sulla loro intimità ed isolamento.

La “sfida” è quella di mantenere la propria individualità pur legandosi in relazioni interpersonali. Le sette vogliono adepti che siano malleabili in modo da poterli modellare in pseudopersonalità. In questo modo essi danno alla persona che sta cercando la sua identità una nuova identità già pronta e alla persona che sta cercando intimità, una comunità di amici già costruita, che eventualmente sostituisca la famiglia stessa.

Non ci vuole molto per rendersi vulnerabili alle sette. Cosa possiamo fare, allora, per modificare tutto ciò in modo da minimizzare l’influenza delle sette e fare opportune scelte su cosa credere e cosa no? La nostra speranza sta nell’educazione sul fare attenzione alle sette, nell’imparare a cosa fare attenzione quando si prende in considerazione un maestro o un gruppo.

Quella che segue è una lista di domande che noi avremmo voluto prendere in considerazione e porci prima di essere coinvolti dalle rispettive sette.

Noi speriamo che queste domande possano aiutare qualcuno a dire ‘NO’ laddove noi, ignari, abbiamo detto ‘SI’.

Questioni fondamentali da considerare al momento della scelta di un maestro spirituale

1) Quali credenziali possiede?

2) Come mantiene la sua autorità all’interno del gruppo o nelle relazioni interpersonali? Rivendica esclusivamente la facoltà e la competenza di trasmettere insegnamenti?

3) Potete criticare i suoi insegnamenti? Potete discutere il suo parere? Cosa accade se vi trovate in disaccordo con lui?

4) A chi fa capo il maestro? Se aveste delle lamentele da fare sul suo operato a chi potreste rivolgervi? Esiste un organismo di verifica della sua autorità?

5) All’interno dell’organizzazione chi stabilisce le regole? Chi le cambia? Con quale frequenza questo avviene? Che cosa accade quando qualcuno le infrange?

6) Quanto ci si aspetta che voi ‘rinunciate’ o ‘sacrifichiate’ per seguire il maestro? Ponetevi questa domanda prima di impegnarvi e siate il più specifici possibile

7) Gli adepti sono liberi di lasciare questo maestro o gruppo? Cosa capita a quelli che si allontanano?

8) Quando otterrete il riconoscimento dell’istruzione conseguita?

9) Il maestro in che modo fa riferimento alle persone che hanno lasciato il gruppo?

10) Il contatto con queste ultime è tollerato, scoraggiato o vietato?

11) Che atteggiamento assume il maestro riguardo il mantenere le proprie relazioni con amici, famiglia e soggetti al di fuori del gruppo?

12) Che atteggiamento mostra il maestro nei confronti delle persone al di fuori del gruppo in generale? Incoraggia ad essere tolleranti e comprensivi oppure critici ed elitari?

13) Vi sono tenute segrete delle cose? Vi sono porte chiuse a chiave, vi è limitato l’accesso ai telefoni o all’informazione in generale?

14) Il maestro insiste nell’affermare che il mondo va verso la fine nell’immediato futuro? Che prove adduce di ciò? Profeti e maestri hanno predetto ciò da secoli, ma siamo ancora qui. Il maestro utilizza questa profezia per intimorire o influenzare?

15) Il maestro vi ricorda ripetutamente di ascoltare il vostro cuore piuttosto che ragionare con la vostra testa? E se ciò accade, per quale motivo dovreste annullare il pensiero razionale per apprendere i suoi insegnamenti?

16) Il gruppo si dedica a pratiche di ‘alterazione della mente’?; per esempio: meditazione, canti, preghiere per lunghi periodi di tempo, periodi di veglia prolungata, attività incessanti, privazione di principi nutritivi quali le proteine, uso di farmaci? Di quali prove scientifiche, documentate è in possesso il maestro, tali da attestare che queste pratiche mettano gli adepti in condizione di raggiungere uno stato di coscienza più elevato?

17) Chiedete al maestro qual è il suo pensiero rispetto alla sessualità all’interno del gruppo. Se il celibato è prescritto rigidamente per l’adepto e chiedete se la stessa regola si applica anche al maestro. Se gli standard sono differenti, chiedete perché.

18) Chi paga le spese al leader e chi provvede al mantenimento del suo tenore di vita? Quest’ultimo è molto diverso da quello degli altri adepti?

19) E’ vostra responsabilità, da un punto di vista finanziario dare sempre di più per mantenere dei privilegi all’interno del vostro gruppo?

20) Esiste un resoconto annuale per il gruppo? Ogni chiesa benevola, ente di carità e organizzazione no-profit rende queste informazioni disponibili per chiunque ne sia interessato.

Queste domande sono state pensate con l’intento di aprire degli orizzonti da sondare. Molti maestri non risponderanno in modo diretto alle vostre domande. Vi incoraggiamo a condurre voi stessi ricerche e a vagliare attentamente il vostro maestro, il più minuziosamente possibile. Ricordate che il sottrarsi alle vostre domande dovrebbe farvi illuminare il semaforo rosso. Una sana comunità spirituale, chiesa o maestro incoraggerà le vostre domande sul gruppo. Atteggiamenti di diniego o segretezza dovrebbero darvi un’idea di cosa potrebbe riservarvi il futuro all’interno di quel gruppo.

Di Rosane Henry[1] e Sharon Colvin[2]

Traduzione di Ivano CAMPES, socio del CeSAP – Centro Studi Abusi Psicologici, con la collaborazione e supervisione della Dottoressa Lorita TINELLI


[1] Former cult member. E’ stata ‘cult educator’ per più di 10 anni. Lavora come terapeuta della famiglia e come consulente per problemi inserenti alle sette

[2] Former cult member, membro del movimento antisette per 7 anni. Facilitatore di numerosi gruppi di auto-aiuto in Colorado

giovedì 8 luglio 2010

Presentato alla Gallo "Il tendone della fantasia"


NOCI - Nel pomeriggio del 18 si è svolto presso l'auditorium della scuola Luigi Gallo un interessante incontro di beneficenza, per proporre una riflessione sull'educazione e sul valore del gioco nell'infanzia. L'evocativo titolo "Il tendone della fantasia" è ispirato al libro di racconti della giovane autrice Maria Lucia Mastropasqua, edito dalla Carocci e disponibile presso le edicole locali.


Il numeroso pubblico presente è stato inizialmente trattenuto con l'emozionate filmato realizzato dall'associazione di beneficenza "L'Africa che non si appartiene" durante la permanenza in Angola. Sullo schermo si sono succeduti volti di bambini mentre ricevevano giocattoli e vestiti, momenti di gioia e di confronto con la popolazione locale. Padre Joao Dele ha così presentato la sua Angola, realtà povera appena uscita da una lunga ed estenuante guerra.

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Il libro dell'autrice Mastropasqua è stato fonte di ispirazione per la simpatica rappresentazione teatrale, realizzata dell'centro artistico educativo "Technè" di Alberobello. I bambini coinvolti hanno interpretato simbolicamente il viaggio di scoperta della fantasia, dello stupore, della creatività. Che fine ha fatto la fantasia? Sostituita dai videogiochi e dai cellulari? A queste domande hanno proposto una riflessione la psicologia Lorita Tinelli e lo stesso Padre Joao Dele, sottolineando il valore del gioco per una crescita serena e armoniosa dei bambini. "Se riusciste a guardare oltre il vostro naso, scoprireste che qualsiasi cosa può assumere la forma della fantasia": un invito ai bambini, ma soprattutto agli adulti.

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http://www.noci.it/incontri-e-dibattiti/763-il-tendone-della-fantasia.html

Handicap e Abuso Sessuale

L’abuso sessuale su bambini portatori di handicap è un argomento di cui si parla poco e su cui si scrive ancor meno. La difficoltà a reperire informazioni su questo argomento mi ha fatto ben sperare, mi ero illusa che il fenomeno fosse quasi inesistente. All’interno di una rivista interdisciplinare “Maltrattamento e abuso all’infanzia” edita da Franco Angeli ho trovato e letto un focus monotematico su “Handicap e abuso”. Le informazioni contenute nei tre articoli danno una prospettiva del fenomeno che purtroppo è alla lunga maggiore di qualsiasi previsione. Cercherò di fare un analisi del fenomeno per meglio conoscerlo e quindi combatterlo.
Solo negli ultimi 15 anni si parla, si studia e si affronta clinicamente il fenomeno dell’abuso ai danni di bambini portatori di handicap. Le principali ricerche/intervento sono state condotte negli Stati Uniti, quindi i dati in nostro possesso si riferiscono alla popolazione statunitense.
Per contestualizzare l’ampiezza e le dimensioni di questo problema vi darò alcuni dati emersi dalle principali ricerche:

- Il risultato di una ricerca condotta su un campione di 445 soggetti affetti da ritardo mentale ci dice che l’incidenza del maltrattamento è dell’ 11.5% contro 1.5% del gruppo di controllo costituito da bambini senza handicap.

- Uno studio compiuto dal “National Incidence and Prevalence of Child Maltreatment” ha evidenziato che 35.5 bambini disabili su 1000 hanno subito almeno un esperienza di maltrattamento contro i 21.3 su 1000 dei bambini senza handicap.

- Secondo gli studi di Crosse i minori disabili sono 1.7 volte più a rischio di essere abusati rispetto a quelli senza disabilità.

- Il tasso di abuso fra la popolazione dei soggetti portatori di disabilità è da 4 a 10 volte maggiore che nella popolazione di bambini senza handicap, secondo quanto afferma Baladerian.
Da questi dati emerge chiaramente che i bambini portatori di disabilità, fisica o psichica che sia, sono più vulnerabili e soggetti a subire abusi. Attraverso gli studi condotti negli stati uniti siamo in grado anche di conoscere le caratteristiche del fenomeno.

Genere sessuale dell’abusato
Le ricerche hanno evidenziato che i ragazzi con handicap subiscono maggiori abusi fisici e trascuratezza (65%) rispetto alle ragazze (35%); mentre le ragazze subiscono maggiori abusi sessuali.
E’ stato confrontato un campione di soggetti con disabilità con un campione di soggetti normali. E’ stato rilevato che nei soggetti senza handicap la differenza nella variabile “genere sessuale” non è significativa mentre nei soggetti con disabilità, tale differenza risulta significativa.

Livello di disabilità
Una ricerca condotta su un campione di soggetti affetti da disabilità con livello di gravità differenti ha messo in evidenza come i livelli inferiori di gravità dell’handicap erano maggiormente associati all’esperienza del maltrattamento rispetto ai livelli più gravi di disabilità.

Età dell’esperienza di abuso
I risultati delle ricerche dimostrano che i portatori di disabilità vengono abusati ad un età superiore rispetto a bambini senza handicap. Anche la scoperta dell’abuso viene realizzata in un arco di tempo maggiore dal fatto accaduto rispetto ai non disabili.

Caratteristiche dei genitori abusanti
Prendiamo in esame i casi dove l’abuso è avvenuto all’interno di un contesto familiare per conoscerne le caratteristiche:
Lo stress della madre è correlato con il potenziale rischio di abuso del figlio disabile;
I genitori non sempre sono in grado di individuare le cause della disabilità del figlio, le ricerche condotto sull’argomento hanno dimostrato come le madri abusanti tendano maggiormente a responsabilizzare il figlio per la disabilità;
L’alto rischio di abuso del figlio disabile da parte della madre è associato alle seguenti caratteristiche: basso livello nelle abilità cognitive e sintomi di depressione.

Diagnosi
Come si può facilmente immaginare è particolarmente difficile effettuare una diagnosi di abuso sessuale su minori portatori di handicap. Gli studiosi americani suggeriscono durante la fase diagnostica di prendere in considerazione sia il punto di vista dell’abusato che del contesto educativo , valutando il profilo psico-sociale della famiglia.

Prevenzione
Alla luce di quanto è emerso da questi studi riteniamo che la prevenzione possa essere uno strumento utile per arginare e combattere un fenomeno che ha dimensioni maggiori delle aspettative iniziali.
Gli studiosi suggeriscono tra gli strumenti di prevenzione: una corretta educazione sessuale, il training sui diritti personali, interventi per aumentare l’autostima e sviluppare una realistica visione dell’amicizia. Interventi che andrebbero rivolti al bambino portatore di handicap e alla sua famiglia.

Il Panorama Italiano
In Italia mancano informazioni precise e dati epidemiologicamente certi quindi per dare dei riferimenti ci riferiamo all’unica analisi in nostro possesso, quella effettuata a cura del Prof. Enrico Molinari1, pubblicata su Maltrattamento e abuso all’infanzia”. Il Prof. Molinari ha effettuato un analisi di tutti gli articoli del corriere della sera usciti dal 1987 al 1997 che parlassero di violenza contro i portatori di disabilità. Grazie all’analisi di questi articoli abbiamo alcuni dati che si riferiscono alla situazione italiana.

Vi elenchiamo i dati emersi
Il maltrattamento fisico risulta più frequente (39%), a seguire la trascuratezza (33%) e l’abuso sessuale (28%).
I responsabili dei reati sono i familiari per il 44%, seguiti dal personale degli istituti (33%) e dagli estranei (22%).
Le vittime sono maggiormente portatori di disabilità psichica (56%), seguiti da chi ha una disabilità multipla (17%) ed infine 11% ha una handicap fisico. (per il 17% dei casi la disabilità non è specificata).

Molto interessante il confronto che è stato fatto tra tipo di violenza e responsabile del reato.
TIPO DI VIOLENZA
FAMILIARI
PERSONALE DI ISTITUTO
ESTRANEI
TRASCURATEZZA
83%
17%
0%
MALTRATTAMENTO FISICO
29%
57%
14%
ABUSO SESSUALE
0%
40%
60%

Leggendo la tabella riscontriamo che la famiglia è responsabile del 83% dei casi di trascuratezza; il personale di istituto è il maggior responsabile del maltrattamento fisico (57%); mentre gli estranei si macchiano dell’orribile violenza dell’abuso sessuale per il 60% dei casi, contro il 40% del personale di istituto.

Interviste

Dopo aver preso visione delle ricerche effettuate negli stati uniti che ci mostrano dei dati allarmanti siamo stupiti e preoccupati che in Italia non siano state condotte ricerche che permettano di conoscere le dimensioni reali del problema. Ci auguriamo ovviamente che la situazione nel nostro paese sia meno preoccupante ma l’assenza di ricerche non ci tranquillizza.
Per ampliare le nostre conoscenze abbiamo effettuato alcune interviste rivolte ad esperti che si occupano di bambini, handicap e abuso.
Di seguito vi proponiamo le interviste.
Nella prima intervista ci siamo rivolti a Francesca del Villano, sostituto procuratore del tribunale di Pescara e al dott. Giuseppe Orfanelli, psicologo e psicoterapeuta, giudice onorario del tribunale per i minorenni dell’Aquila.
Il terzo esperto che abbiamo intervistato è stata la dott.sa Lorita Tinelli Psicologa ad indirizzo Clinico e di Comunità Grafologa ed esperta in Criminologia Giudiziaria e in mediazione familiare.


Intervista alla dott.sa Francesca del Villano e al Dott. Giuseppe Orfanelli

1. L’handicap della vittima rende più difficile la dimostrazione dell’avvenuto abuso durante un processo o un’indagine giudiziaria?
E’ necessario premettere che la risposta è limitata ai casi di handicap psichico, poiché nell’ipotesi di handicap soltanto fisico non emergono sostanziali differenze rispetto ai casi ordinari. Al contrario, qualora la vittima minore presenta un deficit di carattere psichico consistente in disturbi della personalità e/o deficit intellettivo certamente le modalità di approccio sono più difficoltose, sia nell’ambito della mera comunicazione verbale che nella validation dell’eventuale abuso subito. Per “validation” si intende l’accertamento tecnico dei riscontri obiettivi dell’abuso riferito.

2. Ha riscontrato delle differenze di approccio da parte degli organi della magistratura nei casi di abuso perpetrato nei confronti di bambini con handicap?
No, perché l’attenzione degli organi inquirenti è sempre massima in caso di abuso sui minori.

3. Ha riscontrato delle differenze o delle caratteristiche specifiche del bambino con handicap abusato, durante un’indagine o un processo? E nei suoi genitori?
In riferimento alla specifica esperienza del dott. Orfanelli, sia su un disturbo di personalità sia su un deficit intellettivo, in entrambi i casi si è verificata un’aggravante dello status psichico in atto nei minori abusati.

4. Si parla poco di abuso di minori con handicap, secondo lei quali sono le reali dimensioni del problema? E quali le sue caratteristiche?
Si tratta indubbiamente di casi rari ed isolati, in contesti familiari di particolare degrado, in cui possono essere coinvolti anche appartenenti allo stesso nucleo familiare; non possiamo realisticamente ipotizzare le dimensioni del fenomeno, perché rare sono le denunce come sporadico l’approfondimento in letteratura


Intervista alla dott.sa Lorita Tinelli

1. In base alla sua esperienza con bambini disabili abusati, ha constatato qual'è l'atteggiamento mentale dei genitori in circostanza di abuso?
L'abuso, sia esso fisico o psicologico è un qualcosa di estremamente complesso da comprendere e accettare da parte di chiunque lo viva. Nel caso specifico l'atteggiamento prevalente da me riscontrato, a seguito di violenze sui minori disabili agite con certezza, tra i genitori è stato quello di non accettazione e quindi spesso di occultamento dell'esperienza stessa. I genitori provano un senso di vergogna e di colpa per non essere riusciti a difendere il proprio figlio da una simile esperienza e questo fa sì che tendano a non riconoscere l'esperienza stessa. Di contro un altro atteggiamento emergente è quello di strumentalizzazione del proprio figlio, enfatizzando l'esperienza vissuta, anche se di minima entità, al fine di riconoscimenti del danno dal punto di vista economico.

2. Come reagiscono i bambini disabili che hanno subito abuso? Ha riscontrato differenze di genere o rispetto a bambini senza disabilità?
Dipende sempre dal tipo di disabilità. Se si tratta di una disabilità psichica molto grave, il minore a volte tende a considerare l'esperienza della violenza come fosse un “gioco”. Interpreta le “attenzioni” ricevute, come segnali di una particolare relazione sentimentale tra se e il suo carnefice. E per questo non racconta l'esperienza in termini drammatici. E' anche per questo motivo che i disabili psichici gravi diventano oggetto privilegiato di scherno e di violenza da parte di singoli o gruppi. I genitori se ne accorgono sempre per caso e solo in un secondo tempo di quello che sta accadendo al proprio figlio. Se la disabilità è fisica e il minore ha la lucidità per comprendere il tipo di esperienza che ha vissuto, la sua reazione è simile al normodotato:
disagio, vergogna, timore di raccontare, sensi di colpa ...

3. Qual'è la posizione della società in presenza di questo tipo di abuso?
Molto difficile interpretare il pensiero dell'intera società. Anche qui vi sono diverse tendenza: c'è chi rimane inorridito e considera l'abuso del disabile di pari entità rispetto a quello del normodotato, c'è invece chi pone delle differenze dovute ai suoi pregiudizi inerenti i disabili.

4. Si parla molto poco di abusi perpetrati nei confronti dei disabili, secondo la sua esperienza, qual'è la reale dimensione del problema?
Non esistono delle stime a riguardo. Nella maggior parte dei casi la denuncia dipende dall'atteggiamento degli adulti che vivono con il minore disabile abusato. Di sicuro molto spesso il minore disabile viene sottoposto a violenza, sia verbale, psicologica o fisica, molto più del normodotato. Spesso si comincia con l'ingresso a scuola laddove la maggioranza dei normodotati tende ad isolare il diverso, malgrado tutti i progetti scolastici dedicati all'integrazione. Iniziano così le prime esperienze di bullismo, sino ad arrivare a violenze molto più gravi che il soggetto più debole non riesce a fronteggiare.

CONCLUSIONI
Concludendo possiamo ritenere che l’abuso su bambini portatori d’handicap, fisico o psichico che sia, è (allo stato attuale) maggiore che nei bambini normodotati. Le approfondite ricerche condotte negli stati uniti, illustrano un panorama allarmante, in alcuni casi mostrano che l’incidenza dell’abuso rivolto a bambini con handicap è 10 volte superiore che per i bambini non affetti da disabilità. Questo è facilmente spiegabile in quanto i bambini con disabilità sono spesso più vulnerabili, soprattutto quando si tratta di una disabilità psichica.
In Italia non disponiamo di ricerche approfondite, ma dall’unica ricerca condotta e attraverso le interviste effettuate ad alcuni professionisti ci sembra di riscontrare una tendenza abbastanza simile a quella statunitense forse un po’ meno allarmante, perché circoscritta a situazioni familiari particolarmente difficili. Riteniamo però, altrettanto probabile, che molte situazione non vengano denunciate o non emergano, risulta quindi impossibile fare una stima realistica della situazione.
Pensiamo che le soluzioni possibili per arginare ed evitare questi drammi siano una corretta educazione sessuale, il training sui diritti personali, interventi per aumentare l’autostima e sviluppare una realistica visione dell’amicizia da applicare sia al minore che alla sua famiglia.
Considerando che in alcuni casi le reazioni all’abuso sono le stesse che per i bambini normodotati: disagio, vergogna, timore di raccontare, sensi di colpa, ci permettiamo di suggerire, come mezzo per riconoscere l’abuso e quindi proteggere i bambini un attenzione particolare in caso i bambini manifestino dei bruschi cambiamenti di umore e atteggiamenti diversi rispetto al solito.
Inoltre, riteniamo importante il ruolo delle insegnanti e degli educatori che lavorano a stretto contatto con bambini portatori d’handicap. Con il loro impegno e attraverso i progetti di integrazione tentano di arginare e correggere atteggiamenti di esclusione e bullismo che i bambini stessi rivolgono ai loro coetanei portatori d’handicap, attraverso una corretta educazione alla socializzazione, insegnando loro la cultura delle differenze, siano esse fisiche, psichiche che sociali.

LEGGENDA
Maltrattamento fisico: comprende tutte le forme di trauma non casuale inflitto al bambino sia da chi si dovrebbe prendere cura di lui che dagli estranei, da conoscenti e familiari.
Abuso sessuale: coinvolgimento di minori in attività sessuali. Questo tipo di abuso può comprendere carezze e toccamenti a sfondo sessuale, esibizioni o rapporti sessuali da parte di estranei, conoscenti o membri della famiglia del bambino.
Trascuratezza: mancanza di una supervisione adeguata o della soddisfazione dei bisogni fondamentali del bambino come cibo, abiti, riparo, igiene, cure mediche ed educazione da parte di chi si dovrebbe prendere cura di lui.

Di Romeo Laura

Per gentile concessione di: www.cesap.it

Intervento inserito nella nostra pubblicazione:
PEDOFILIA OGGI – Atti dei convegni.